martedì 6 marzo 2012

CHARLES DARWIN

Charles Darwin nacque il 12 febbraio 1809 a Shrewsbury, cittadina vicina a Birmingham.




Indirizzato dal padre agli studi di medicina, Charles focalizzò ben presto i propri interessi sulla storia naturale e venne a conoscenza delle idee che iniziavano a circolare in zoologia e botanica, in particolare la teoria di Jean Baptiste Lamarck, che però non lo colpì in modo particolare. Alla fine del 1827, a causa dei deludenti risultati scolastici, il padre decise che Charles si sarebbe dedicato alla vita ecclesiastica e lo mandò a Cambridge per proseguire gli studi; qui frequentò lezioni di botanica, iniziò a collezionare e classificare insetti e apprese le prime conoscenze di geologia, partecipando a una breve spedizione geologica nel Galles del Nord.


TEORIA DELL'EVOLUZIONE


Quando Charles Darwin pubblicò per la prima volta “L’origine della specie” nel 1859, colse tutti di sorpresa, e gli studiosi e naturalisti di allora si resero conto di non aver saputo mettere assieme degli elementi, cui era riuscito in modo geniale Darwin. La teoria di Darwin era in realtà il risultato finale di alcune correnti e di una serie di idee evoluzionistiche, intese come moderne, che si facevano strada sin dagli inizi del 1.700, se non addirittura del secolo precedente, nate in contrasto con le idee creazionistiche di fine seicento che fino ad allora venivano accettate nel mondo scientifico, con la pubblicazione del “Il Sistema naturae di Linneo” del 1735. Infatti nei primi decenni del 1700, le ricerche geologiche, dal carattere collezionistico con destinazione nelle case di aristocratici, cambiarono e si arricchirono di interesse scientifico. D’altronde ci si trovava in un epoca di fervore scientifico, di esplorazioni e scoperte geografiche; Mendel esponeva le sue rivoluzionarie scoperte (ignorate da Darwin, che le lesse con superficialità); Newton rivoluzionò la fisica. Alla fine i dibattiti dell’origine della vita, dal creazionismo si spostarono su tutt’altro campo, e finalmente ci si cominciava ad interrogare sulle modalità e le dinamiche dell’evoluzione, a formulare nuove ipotesi e teorie che potessero spiegare ciò. Nel 1809 il botanico e naturalista Jean Baptiste de Lamarck avanzò per primo una teoria, secondo la quale gli organismi viventi si modificherebbero secondo i loro comportamenti ambientali, e sosteneva che ad esempio, se in origine si hanno due specie queste definiscono due lignaggi. Ciascuna specie cambierebbe con il passare del tempo, fino a che la sua forma originaria venga completamente trasformata in una nuova specie, con nulla a che fare con il suo progenitore, essendo quindi una nuova specie. Il numero di lignaggi sarebbe sempre lo stesso (solamente 2), e ciascuna con una specie in ogni momento. Il meccanismo di cambiamento delle specie sarebbe dovuto, secondo Lamarck, ad alcune “forze interne”, che produrrebbero negli organismi leggere modificazioni, che si andrebbero accumulando nelle generazioni seguenti. Il suo modello di ereditarietà non era corretto e si basava sul concetto dei caratteri acquisiti. Qualsiasi incidente, malattia, sforzo fisico, eccetera, si ripercuoterebbe nelle cellule sessuali dell’individuo e si trasmetterebbe alla discendenza. L’esempio classico del lamarckismo è la crescita del collo delle giraffe. Egli riteneva che le giraffe ancestrali avessero il collo corto e che sforzandosi per arrivare alle foglie più alte degli alberi, avrebbero così acquistato la caratteristica ereditaria del collo lungo (legge dell’uso degli organi). Questo sforzo si sarebbe trasmesso alla discendenza che presentava un collo un po’ più lungo ( legge dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti ). Si formò cosi nel corso di molte generazioni, una stirpe di erbivori dal collo lunghissimo: le giraffe. Un altro esempio, secondo Lamarck, riguardava la comparsa dei serpenti. I rettili, come tutti i vertebrati terrestri, hanno tipicamente quattro zampe (tartarughe, lucertole, coccodrilli), ma alcuni non ne sono provvisti. Probabilmente antiche lucertole presero l’abitudine di strisciare tra i sassi o in cunicoli sotterranei allungando enormemente il proprio corpo. Le zampe vennero usate sempre meno perché ormai inutili o addirittura d’impaccio alla locomozione. Quindi si ridussero fino a sparire e quindi (legge del non uso degli organi) dando origine ai serpenti.Un terzo esempio riguardava le zampe palmate degli uccelli acquatici. Questi uccelli derivavano da antenati a zampe normali che, a furia di nuotare sull’acqua, avevano teso la pelle tra dito e dito fino a formare un’ampia membrana palmata.Lamarck propose una numerosa serie di esempi ed arrivò addirittura ad affermare che la necessità può creare un organo. La sua teoria però conteneva un errore di base, e cioè l’ereditabilità dei caratteri acquisiti, ad esempio ad un culturista non nasceranno figli già muscolosi, poiché la muscolosità è un fatto morfologico, fenotipo, e non genetico, quindi tramissibile. La teoria di Lamarck fu duramente contestata da quello che viene considerato il padre dell’anatomia comparata, il naturalista Georges L. Chretien Cuvier, il quale fu anche l’autore della “Teoria delle catastrofi naturali”, secondo la quale, ogni tanto le spece viventi vengono spazzate via da una catastrofe, e vengono sostituite dalle creature sopravvissute. Circa cinquanta anni dopo Lamarck, Darwin formulò una teoria completamente nuova, secondo la quale non era l’ambiente la causa determinante dell’evoluzione come diceva Lamarck, ma bensì la casualità delle mutazioni genetiche, che solo successivamente potevano trovare o non, il favore dell’ambiente, quindi la selezione / eliminazione per le mutazioni meno adatte. Darwin colse l’occasione della sua vita, imbarcandosi a 22 anni sul brigantino Beagle, salpando da Devonport il 27 dicembre 1831. Egli fu profondamente impressionato dalle numerose varianti di esseri viventi che aveva occasione di osservare durante il suo viaggio da isola in isola, e ne annotava scrupolosamente i particolari. Il giovane Darwin traeva spunto anche dagli studi sulla natura dell’economista e filosofo, Thomas Malthus. Darwin si convinse quindi che la lotta per la sopravvivenza fosse il principale motore dell’evoluzione, e non l’ambiente che entra in scena in un secondo momento effettuando la sua selezione naturale.

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