sabato 26 maggio 2012

I promessi sposi

I promessi sposi è un romanzo storico di Alessandro Manzoni. Assieme alle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo è considerato il più importante romanzo della letteratura italiana prima dell'unità nazionale. Preceduto dal Fermo e Lucia, spesso considerato romanzo a sé, fu edito in una prima versione nel 1827; rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il 1840 e il 1841.
Ambientato dal 1628 al 1630 in Lombardia durante l'occupazione spagnola, fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. Secondo un'interpretazione risorgimentista, il periodo storico era stato scelto da Manzoni con l'intento di alludere al dominio austriaco sul nord Italia. Quella che Manzoni vuole descrivere è la società italiana di ogni tempo, con tutti i suoi difetti che tuttora mantiene. Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del XVII secolo, come ad esempio le vicende della Monaca di Monza e la grande peste del 1629-1631, si fondano tutti su documenti d'archivio e cronache dell'epoca.

Il romanzo di Manzoni viene considerato non solo una pietra miliare della letteratura italiana, ma anche un passaggio fondamentale nella nascita stessa della lingua italiana. Nei dialoghi, riporta anche diversi esempi di parlato spontaneo non ammissibili nella lingua standard. È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.
TRAMA
La vicenda è ambientata in Lombardia tra il 1628 e il 1630, al tempo della dominazione spagnola. I protagonisti sono Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due giovani operai che vivono in una località lecchese, nei pressi del lago di Como, allo sbocco del fiume Adda. Il romanzo ebbe un impatto tanto forte sull'immaginario collettivo italiano che si volle per forza identificare il "paesello" dei Promessi Sposi e così, con i più capziosi ragionamenti, si scelsero due quartieri di Lecco, Olate ed Acquate che, ancora oggi, si contendono questo ruolo. Di fatto Manzoni non si riferiva a luoghi precisi e nel romanzo gli unici indicati chiaramente sono il quartiere lecchese di Pescarenico, dove si trovava il convento di Padre Cristoforo, e il castello della guarnigione spagnola, posto in riva al lago. Ogni cosa è pronta per il suo matrimonio quando un signore del luogo, Don Rodrigo, scommette con il cugino Attilio che riuscirà a impossessarsi di Lucia. Perciò il curato del paese, don Abbondio, incaricato di celebrare il matrimonio, viene minacciato durante la sua solita passeggiata serale da due bravi di don Rodrigo, affinché non sposi i giovani. In preda al panico, don Abbondio cede subito. Il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare il matrimonio, non esitando ad approfittare della sua ignoranza per utilizzare come spiegazione frasi in latino.
L'incontro tra padre Cristoforo e don Rodrigo
Renzo però, parlando con Perpetua, la domestica di don Abbondio, capisce che qualcosa non quadra e lo costringe a rivelare la verità. Si consulta così con Lucia e con sua madre, Agnese, e insieme decidono di chiedere consiglio a un avvocato, detto Azzecca-garbugli, che appena sente fare il nome del signorotto scaccia precipitosamente il giovane. Così i tre si rivolgono a padre Cristoforo, loro "padre spirituale", cappuccino di un convento poco distante. Il frate decide di affrontare don Rodrigo, e si reca al suo palazzo; ma quegli accoglie con malumore il frate, intuendo il motivo della visita; Cristoforo tenta di farlo recedere dal suo proposito, ma viene cacciato via in malo modo.
La notte degl'imbrogli e dei sotterfugi 
Intanto Agnese propone ai due promessi un matrimonio a sorpresa, pronunciando davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni. Con molte riserve da parte di Lucia, il piano viene accettato, quando fra' Cristoforo annuncia il fallimento del suo tentativo di convincere don Rodrigo. Intanto don Rodrigo medita il rapimento di Lucia, e una sera dei bravi irrompono nella casa delle donne, che però trovano deserta: Lucia, Agnese e Renzo sono infatti a casa di don Abbondio per tentare di sorprenderlo, ma falliscono, e si devono riparare al convento di fra' Cristoforo, perché frattanto vengono a sapere del tentato rapimento. Contemporaneamente fallisce anche il terzo piano della nottata: quello di Menico e fra' Cristoforo.
La fuga 
Renzo, Lucia e Agnese giungono al convento di Pescarenico dove padre Cristoforo espone loro i suoi progetti: Renzo si rifugerà presso il convento dei cappuccini a Milano dove cercherà padre Bonaventura, mentre Lucia troverà aiuto dal padre guardiano del convento nei pressi di Monza. Il religioso ha già scritto una lettera per ognuno dei confratelli e le consegna ai tre.
L'Addio ai monti 
Addio monti con il Resegone e il villaggio di Pescarenico sullo sfondo.
Secondo quanto padre Cristoforo ha preordinato, Renzo, Lucia e Agnese scendono alle rive dell'Adda e salgono su una piccola barca. Lucia medita sull'addio ai monti.
In convento a Monza 
Giunta al convento "pochi passi distante da Monza", Lucia viene accompagnata dal padre guardiano al convento di Monza dove vive Gertrude, la "signora" (la cui storia è ispirata a quella di suor Maria Virginia de Leyva) che prende la giovane sotto la sua protezione. Dopo l'incontro con Lucia, Manzoni racconta la biografia della monaca di Monza. Gertrude è figlia di un principe feudatario di Monza di cui il narratore, seguendo l'"Anonimo", tralascia il nome. Per conservare intatto il patrimonio del primogenito si era deciso prima ancora che nascesse che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina è continuamente orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile. Divenuta adolescente però, Gertrude comincia a dubitare di tale scelta. Tuttavia, un po' per timore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti per diventare monaca. In convento soggiace alle attenzioni di Egidio, uno "scellerato di professione", in una relazione che avviluppa la "sventurata", colpevole non meno che vittima, in un gorgo di menzogne, intimidazioni, ricatti - proferiti e subiti - e complicità, anche nell'omicidio di una conversa che minacciava di far scoppiare lo scandalo.
I tumulti di Milano 
Renzo, a Milano, non potendo subito ricoverarsi nel convento indicatogli da Fra' Cristoforo, dato che padre Bonaventura è in quel momento assente, rimane coinvolto nei tumulti scoppiati in quel giorno per il rincaro del pane. Renzo si fa trascinare dalla folla e pronuncia un discorso in cui critica la giustizia, che sta sempre dalla parte dei potenti. È tra i suoi ascoltatori un "birro" in borghese, che cerca di condurlo in carcere ma Renzo, stanco, si ferma in un'osteria, dove il poliziotto viene a conoscenza, con uno stratagemma, del suo nome. Andato via costui, Renzo si ubriaca e fa nuovi appelli alla giustizia con gli altri avventori. L'oste lo mette a letto e corre a denunciarlo per proteggere i propri interessi. Il mattino dopo Renzo viene arrestato ma riesce a fuggire e si ripara a Bergamo, nella Repubblica di Venezia, da suo cugino Bortolo, che lo ospita e gli procura un lavoro. Intanto la sua casa viene perquisita e viene fatto credere che sia uno dei capi della rivolta. Nel frattempo il conte Attilio, cugino di don Rodrigo, chiede a suo zio, membro del Consiglio Segreto, di far allontanare fra' Cristoforo, cosa che il conte ottiene dal padre provinciale dei cappuccini. In questo modo padre Cristoforo viene trasferito a Rimini.
L' Innominato 
Don Rodrigo chiede aiuto all'Innominato, potentissimo e sanguinario signore, che però da qualche tempo riflette sulle proprie responsabilità, le vessazioni di cui si è reso autore o complice per attestare la propria autorità sui signorotti e al di là della legge, e il senso della propria vita. Costui fa rapire Lucia dal Nibbio, con l'aiuto di Egidio e la complicità di Gertrude, e Lucia viene portata al castello dell'Innominato. Lucia, terrorizzata, supplica l'Innominato di lasciarla libera e lo esorta a redimersi dicendo che "Dio perdona molte cose per un atto di misericordia". La notte che segue è per Lucia e per l'Innominato molto intensa. La prima fa un voto di castità alla Madonna perché la salvi e quindi rinuncia al suo amore per Renzo. Il secondo trascorre una notte orribile, piena di rimorsi, e sta per uccidersi quando scopre, quasi per volere divino (le campane suonano a festa in tutta la vallata), che il cardinale Federigo Borromeo è in paese. Spinto dall'inquietudine che lo tormenta, la mattina si presenta in chiesa per parlare con il cardinale. Il colloquio, giungendo al culmine di una tormentata crisi di coscienza che egli maturava da tempo, sconvolge l'Innominato, che si impegna a cambiare vita e per prima cosa libera Lucia, che viene ospitata presso la casa di don Ferrante e donna Prassede, coppia di signori milanesi amici del Borromeo. Intanto il cardinale rimprovera duramente don Abbondio per non aver celebrato il matrimonio. Poco dopo scendono in Italia i Lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nella guerra di successione al Ducato di Mantova, i quali mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia e diffondono il morbo della peste. Molti, tra cui don Abbondio, Perpetua e Agnese, trovano rifugio nel castello dell'Innominato, che si è fatto fervido campione di carità.
La peste 
Con i Lanzichenecchi entra nella penisola la peste: se ne ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi (che, contagiato anch'egli dalla peste, non godrà dei frutti del suo tradimento). Don Rodrigo viene portato dai monatti al Lazzaretto in mezzo agli altri appestati. Renzo, guarito, torna al paese per cercare Lucia, preoccupato dagli accenni fatti da lei per lettera a un suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato, ma non la trova, e viene indirizzato a Milano, dove apprende che si trova nel Lazzaretto. Qui trova anche padre Cristoforo, indomito nel servizio sebbene segnato dalla malattia, che scioglie il voto di Lucia e invita Renzo a perdonare don Rodrigo, ormai morente.
La peste viene descritta in maniera scrupolosa e nei minimi particolari nelle sue prime manifestazioni, nelle reazioni suscitate, negli interventi positivi e negativi degli uomini chiamati a occuparsene (dai medici, ai politici, alla chiesa). Agli errori delle autorità, alla voluta disinformazione si somma l'ignoranza superstiziosa della popolazione. Ne deriva uno sconvolgimento drammatico della città intera, attraversata da Renzo, ormai guarito, come un luogo infernale pieno di pericoli e di insidie mortali.
La parte più drammatica di questa descrizione si trova nel capitolo 34, con una delle più celebri frasi della letteratura italiana:
"Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato".
In tale capitolo si parla anche di Cecilia, "di forse nov'anni", che, ormai morta, è posta sul carro dei monatti dalla madre, che li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore, e chiede poi di tornare dopo a riprendere lei e l'altra sua figlia (sorella di Cecilia), entrambe appestate.
Conclusione 
Infine i due promessi si incontrano nel lazzaretto di Milano, dove Renzo era andato alla ricerca di Lucia. Con l'aiuto di fra' Cristoforo superano lo scoglio rappresentato dal voto di Lucia e tornano al loro paese dove don Abbondio prima tentenna, poi acconsente a celebrare le nozze (avuta conferma della morte di Don Rodrigo). Si trasferiscono infine nel bergamasco; Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hanno una prima figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna, e poi ne arriveranno altri.
Il significato dell'opera
Il significato dell'opera suggerito da Manzoni è che con la fede in Dio tutti i problemi e le disgrazie si possono superare. Manzoni, traslando le problematiche del suo tempo in questo contesto romanzesco lascia inoltre una morale di grande importanza: è il popolo, nella sua condizione povera e umile, il vero protagonista della storia. Dio istituisce secondo Manzoni una Provvidenza che non decide al posto dell'uomo, ma determina un perpetuo equilibrio, pertanto il popolo deve giustamente cercare di riscattarsi e reclamare il proprio diritto di vivere e lasciare un proprio segno nella storia.



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